Man on the moon on the earth
Monday, July 20th, 2009Oggi è il quarantesimo anniversario dello sbarco sulla luna. Per l’occasione, Google Street View mostra un piccolo astronauta invece del classico omino giallo segnaposto.
Decisamente geniale :)
Oggi è il quarantesimo anniversario dello sbarco sulla luna. Per l’occasione, Google Street View mostra un piccolo astronauta invece del classico omino giallo segnaposto.
Decisamente geniale :)
In questo periodo dell’anno si fanno liste di propositi… io faccio la lista delle keyword più assurde con cui la gente arriva sul mio sito :D
Nota: salvo un’eccezione (interessante sotto il profilo storico) non citerò la valanga di keyword collegate al termine “emo”, perché ormai sono routine ;)
FaberNovel (società di consulenza francese) ha pubblicato un interessante rapporto che in qualche modo riassume ciò che Google è oggi – oltre a ciò che è stato e ciò che vorrebbe essere.
Le slides di FaberNovel sono piuttosto interessanti, anche se ovviamente non contengono nessuna sconvolgente novità. I punti che mi sono sembrati più interessanti:
Avrò scoperto l’acqua calda? Arrivo con tre anni e mezzo di ritardo?
Probabile, ma me ne sono accorto solo oggi: Google offre automaticamente informazioni sull’ora corrente nei diversi fusi, cercando ad esempio time in tokyo o time in rome.
Finalmente posso evitare di aprire quegli orridi siti con l’elenco di tutti i fusi orari :D
Avete mai provato a dire a Google “life sucks“? Ci ho provato per caso* e i risultati sono stati in qualche modo sorprendenti.
Mi aspettavo di essere sommerso da una sfilza di tristissimi blog usati come sfogo e invece la prima pagina dei risultati porta quasi unicamente a siti con un orientamento positivo: consigli su come risollevare la propria vita, articoli umoristici, video divertenti (almeno nelle intenzioni).
Se accettiamo l’assioma di questi ultimi anni – ovvero che l’algoritmo di Google è fonte ultima di verità sugli argomenti che indicizza – questa ricerca restituisce un’immagine della rete piuttosto diversa da quella che avevo immaginato finora. Non so quanto migliore, tra video idioti e tentativi di vendere libri a persone disperate, ma senza dubbio diversa.
* In realtà volevo scoprire se qualcuno avesse già pubblicato sulla rete un involuto gioco di parole che mi era venuto in mente e che alla fine ho deciso non fosse degno di essere inflitto ad alcuno :P
Un curioso suggerimento da parte di Google:
Se questa è la qualità della traduzione, non sono sicuro di volerli visualizzare… :D
La gestione dei permessi in Google Docs non è particolarmente intuitiva.
Mi sono trovato a dover modificare i permessi di un documento in modo che non fosse più possibile scriverci, ma solo visualizzarlo – in pratica cambiare il ruolo di tutti i collaboratori in visitatori. Ho esaminato minuziosamente l’interfaccia della finestra di condivisione, ma non ho trovato nulla.
Con un’idea vagamente ispirata al bugfencing, mi sono chiesto come si sarebbe comportato GDocs se avessi inserito nuovamente l’elenco delle persone autorizzate all’accesso, ma come visitatori.
Ha funzionato.
Riassumo questo piccolo trick in caso torni utile a qualcun altro: per assegnare i permessi su GDocs ad un utente è sufficiente inserirlo con il ruolo voluto (collaboratore o visitatore), indipendentemente dal fatto che quell’utente sia già presente nell’elenco delle condivisioni. In questo caso, infatti, il suo ruolo verrà automaticamente aggiornato.
Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare di OpenSocial, il nuovo set di API di Google per i social network.
Inizialmente, nonostante il polverone, non avevo capito bene di cosa si trattasse. Ora, anche grazie all’apertura della sezione apposita su Google Code, mi pare di intuire che si tratti di una standardizzazione del linguaggio usato da widget e plugin per accedere ai dati nei social network.
In pratica, i network aderenti a OpenSocial (denominati container) si allineano a delle API standard per fornire risposta a varie richieste di dati (ad esempio le informazioni relative ad una persona: nome, cognome, email eccetera). In questo modo chi sviluppa widget/plugin/applicazioni per una piattaforma di social network potrà utilizzare quasi senza modifiche lo stesso codice anche su altre piattaforme. Tutto ciò che cambia è il dato che viene restituito, ma il linguaggio utilizzato nella richiesta e nella risposta è sempre quello.
Il progetto è ancora in beta, ma visto il calibro dei network che ne hanno già annunciato l’adozione (LinkedIn, Myspace, iLike, Orkut…) non mi stupirebbe vederlo presto adottato come standard de facto.
UPDATE: Consiglio la lettura di questo post di Marc Andreesse, molto esauriente. Curiosamente, l’avevo letto prima di capire per conto mio cosa fosse OpenSocial e non mi aveva chiarito nulla… rileggendolo ora, invece, è tutto estremamente ben spiegato :D
A quanto pare Google ha iniziato ad attivare su alcuni account Gmail il supporto ad IMAP. L’impressione (e la speranza) generale è che dopo una prima fase di test il supporto venga esteso a tutti gli utenti.
La cosa è particolarmente interessante perché il protocollo IMAP (a differenza del classico POP) permette una comunicazione bidirezionale tra i client (tipo Thunderbird o Outlook) ed il server di posta. Questo significa eliminare virtualmente tutti i problemi di sincronizzazione tra la gestione della posta sul server a quella sul client… aspetto con ansia il momento in cui lo attiveranno anche a me ;)
Da tempo ormai ho deciso di bollare Corriere.it come totalmente inaffidabile, quando parla di tecnologia. L’approccio all’argomento pecca infatti non solo di uno stile poco moderno – e passi – ma anche di un pressapochismo totale, che ai miei occhi di idealista dovrebbe essere incompatibile con il mestiere del giornalista.
L’ultima della serie è la notizia di una (presunta) migrazione di Google ad uno schema di colori basato sul nero, per risparmiare l’energia necessaria a mostrare sui monitor il colore bianco: Google si fa nero per l’ambiente. Vediamo cosa non va: