La grammatica di Dio
Saturday, December 1st, 2007Una decina di giorni fa ho preso una decisione: La grammatica di Dio sarebbe stato l’ultimo libro di Stefano Benni che avrei comprato a scatola chiusa.
Da quando – ormai ben più di 10 anni fa – rimasi fulminato dalla Compagnia dei Celestini, ho divorato tutta la bibliografia di Benni su cui sia riuscito a mettere le mani (ovvero tutto a parte le liste della spesa, direi :P). Da qualche anno, però, l’idillio ha iniziato ad incrinarsi.
Non saprei dire che dei due abbia la colpa e probabilmente chiederselo non ha neanche senso: in tutti questi anni è cambiata la sua scrittura ma sono cambiate anche le mie letture. Lo stile di Benni pare molto incupito negli ultimi tempi: più acido e disperato, meno immaginifico e comico.
Margherita Dolcevita, penultima opera pubblicata, mi ha lasciato piuttosto indifferente, ed era solo l’ultimo di una serie di libri che non avevo certo amato alla follia
Eccoci quindi tornati alla Grammatica di Dio. Un libro di racconti brevi, di “storie di solitudine e allegria”, come recita il sottotitolo.
Solitudine ce n’è tanta, allegria poca, ma tutto sommato direi che il Lupo non ha ancora mollato il colpo. Forse più cupo e cinico, ma sempre perfettamente a segno su qualche nervo scoperto dell’umana condizione. Forse meno ricco di trovate immaginare e assurde, ma con il classico nero umorismo che serpeggia tra le pagine.
Evitando di elevare troppo le mie aspettative sono riuscito a trovarlo godibile. Direi che non sarà il mio ultimo acquisto per quanto riguarda Benni ;)